IDROCELE

In uno spazio compreso tra il testicolo e la sua membrana di rivestimento (tunica vaginale) esiste fisiologicamente una sottile quantità di liquido chiaro, trasparente, che consente lo scorrimento dell’organo e ne attutisce eventuali traumi. Questo liquido è continuamente prodotto e riassorbito dalla membrana stessa. Un suo accumulo patologico, che comporti un evidente aumento di volume della sacca scrotale, e, nei casi più gravi, la dislocazione e compressione del testicolo, è definito idrocele.

È possibile distinguere tre principali cause di idrocele:

  • idrocele su base congenita: dovuto alla mancata chiusura del dotto peritoneo-vaginale (una guaina di tessuto che il testicolo, durante la vita fetale, trascina con sè nella suo percorso dall’addome allo scroto, e che è destinato a chiudersi spontaneamente alla nascita), con conseguente passaggio nello scroto del liquido normalmente presente in addome;
  • idrocele reattivo o secondario: in seguito a processi irritativi o traumatici a carico del testicolo, si ha una reazione infiammatoria che comporta un’aumentata formazione di liquido intorno al testicolo e contemporaneamente un diminuito riassorbimento del liquido stesso da parte dei vasi linfatici (sbilancio tra la secrezione e il drenaggio del liquido).
  • Idrocele idiopatico: può insorgere senza causa apparente e in assenza di lesioni della tunica vaginale del testicolo, in individui che godono per il resto di buona salute.

In genere l’idrocele secondario insorge acutamente, mentre la forma idiopatica ha un decorso cronico. Una possibile evoluzione dell’idrocele è la pachivaginalite, che consiste in un ispessimento della tunica vaginale del testicolo, con conseguente aggravamento sintomatologico e con aumento del dolore e della tensione.

Il sintomo principale è un rigonfiamento di uno o entrambi i lati dello scroto, non dolente nel caso di idrocele idiopatico, doloroso e improvviso in caso di idrocele infiammatorio.

Con la transilluminazione si può verificare facilmente se il fluido è chiaro per escludere altre patologie, ma è con l’ecografia testicolare che si può confermare la diagnosi.

Nella maggior parte dei casi l’idrocele primario non è pericoloso e può anche non essere trattato. Si ricorre al trattamento quando l’idrocele primario congenito non si risolve entro il quarto anno di età, o quando un idrocele primario non congenito non si risolve nel giro di qualche mese. L’idrocele secondario si risolve trattandone la causa scatenante; si ricorre al trattamento se il normale riassorbimento non avviene nel giro di qualche mese.

In casi estremi una massa fluida eccessiva può provocare pressioni tali da pregiudicare l’apporto di sangue al testicolo; in questi casi il trattamento è necessario.

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