Fernando Mazzilli, Soraya Olana, Rossella Mazzilli
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Università “Sapienza”, Roma

 

ITER DIAGNOSTICO (1-10)
Per un efficace inquadramento è indispensabile un’accurata anamnesi, per la quale vanno presi in considerazione lo stile di vita (abitudini alimentari, fumo, alcol, sostanze stupefacenti, ecc) e l’eventuale utilizzo di farmaci, che possono avere un impatto negativo sulla oogenesi.
La determinazione del grado di fecondabilità si basa su esame obiettivo (fenotipo, apparato pilifero, genitali esterni, esplorazione vaginale e visualizzazione del collo dell’utero mediante speculum, segni eventuali di iperandrogenismo, quali irsutismo e acne, BMI), età, caratteristiche dei cicli mestruali, presenza di eventuali pregresse gravidanze e aborti.

 

INDAGINI DI LABORATORIO
A1. Profilo ormonale per lo studio dell’amenorrea primaria e secondaria
Lo studio ormonale di base comprende il dosaggio di gonadotropine (FSH e LH) e 17ß-estradiolo (E2).

  • Patologie pre-ovariche: nell’ipogonadismo pre-ovarico (congenito o acquisito) vi sono ridotti livelli di gonadotropine e di E2. In questi casi è ovviamente indicato valutare gli altri ormoni ipofisari, per una diagnosi differenziale tra deficit selettivo della secrezione gonadotropinica e panipopituitarismo. Il test con GnRH è utile per differenziare le forme ipofisarie da quelle ipotalamiche.
  • Patologie ovariche: nelle forme di ipogonadismo primitivo (congenito o acquisito), con fattore eziopatogenetico ben identificabile, vi sono elevati livelli di gonadotropine e ridotti livelli di E2.
  • In caso di amenorrea con normali livelli di FSH, può essere utile effettuare il MAP (Medrossi-Progesterone Acetato) test, che prevede la somministrazione del progestinico per 5 giorni: nel soggetto normale il flusso mestruale compare dopo 3-5 giorni dalla sospensione; un mancato flusso può invece indicare una condizione di ipo-estrogenismo o di patologie uterine.

A2. Studio dell’ovulazione
Nello studio ormonale dell’ovulazione vanno presi in considerazione FSH, LH, E2 e progesterone. I livelli di questi ormoni sono ovviamente variabili secondo le diverse fasi del ciclo. In cicli regolari, la tempistica dei prelievi è la seguente:

  • fase follicolare: tra il 2° ed il 5° giorno del ciclo mestruale livelli basali di FSH, LH e E2;
  • fase ovulatoria: monitoraggio giornaliero di LH e E2 dal 10°-11° giorno del ciclo fino al picco pre-ovulatorio;
  • fase luteale: progesterone dopo il 21° giorno del ciclo (secondo la durata del ciclo mestruale).

Vi sono in commercio vari kit per l’individuazione del periodo ovulatorio. Si tratta di metodi colorimetrici in grado di evidenziare, seppure senza esaustiva affidabilità, il picco pre-ovulatorio di LH in un campione urinario. Lo studio sequenziale, in cicli regolari, inizia dal 9°-10° giorno del ciclo.
In caso di disturbi dell’ovulazione con contestuale presenza di irsutismo, acne e alopecia, è opportuno valutare il profilo degli ormoni ad attività androgenica: testosterone totale, SHBG con calcolo del testosterone libero, androstenedione, DHEA-S e 17-OH-progesterone (eventualmente anche dopo stimolo con ACTH), da eseguire in fase follicolare (tra il 3° e l’8° giorno) (11).

A3. Studio della riserva ovarica (12-13)
Per riserva ovarica si intende il patrimonio follicolare, e quindi ovocitario, presente in un determinato momento della vita di una donna. Alla nascita, le ovaie contengono, in genere, complessivamente 1-2 milioni di follicoli; al momento della pubertà questo numero si riduce a circa 300-500 mila follicoli, all’età di 37 anni scende a circa 25 mila, mentre a 50 anni, cioè al momento in cui mediamente insorge la menopausa, il numero residuo è di circa 1000 follicoli.
Attualmente la riserva ovarica viene valutata, laboratoristicamente, tramite il dosaggio di FSH e ormone anti-mülleriano (AMH), quest’ultimo prodotto dai follicoli ovarici; i suoi livelli ematici si stabilizzano dopo la pubertà, intorno ai 18-20 anni (vn 0.4-1.2 ng/mL), per poi iniziare a decrescere dopo i 32 anni. In aggiunta, può essere utile il dosaggio dell’inibina B, prodotta dalle cellule della granulosa, che ha il ruolo di inibire la secrezione di FSH. In caso di ridotta riserva ovarica i valori potranno risultare ai limiti inferiori della norma.
Infine può essere effettuato il test al clomifene citrato, che consiste nella somministrazione di 100 mg/die dal 5° al 9° giorno del ciclo mestruale: valori elevati di FSH al 10° giorno indicano ridotta riserva ovarica.

A4. Assetto ormonale extra-gonadico (14)
È opportuno escludere la presenza di endocrinopatie che possono, in vario modo, interferire sul sistema riproduttivo femminile: iperprolattinemia o ipotiroidismo potrebbero causare quadri variabili, che si possono estrinsecare con un deficit luteinico, anovulatorietà e/o amenorrea.

A5. Profilo biochimico e immunologico (15)
Più che per lo studio della fecondabilità, gli esami ematochimici vengono utilizzati come “fattori di prevenzione” per la pianificazione di una gravidanza:

  • gruppo sanguigno (essenziale per evitare l’iso-immunizzazione);
  • profilo lipidico e metabolico (OGTT), spesso alterato in donne con PCOS;
  • dosaggio di CA-125, che può essere considerato un marker, seppur aspecifico, di endometriosi.

In caso di abortività, infine, è opportuno effettuare uno screening per l’autoimmunità: anticorpi anti-nucleo (ANA), anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA), anti-mitocondrio (AMA), anti-nucleo estraibili (ENA), anti-RO/SSA e anti-RO/SSB, IgG e IgM anti ß2-glicoproteina, IgG e IgM anti-cardiolipina (ACA), anti-DNA nativo.

A6. Indagini microbiologiche (16-17)
Se si sospetta un’infezione nel tratto genitale femminile, bisogna effettuare prelievo vulvare, vaginale ed endo-cervicale per la ricerca di germi comuni, Neisseriae Gonorrhoeae, Chlamydia Trachomatis, Mycoplasma, Trichomonas, HPV, HSV-2, miceti. Le infezioni da N. Gonorrhoeae e C. Trachomatis devono essere valutate con molta attenzione, dal momento che possono determinare un coinvolgimento pelvico e quindi creare seri problemi per la pervietà tubarica.

A7. Studio genetico (18)
Le indagini più importanti per la partner femminile sono rappresentate da:

  • cariotipo, indicato nei casi di amenorrea e poliabortività, che permette di evidenziare alterazioni dei cromosomi sessuali o autosomici (traslocazioni, ecc) e quadri di mosaicismo;
  • ricerca di mutazioni del gene CFTR (fibrosi cistica);
  • studio gene FMR-1 (X-Fragile).

Per quanto riguarda le malattie genetiche trasmissibili, non direttamente collegate con la funzione riproduttiva, il pannello “minimo” prevede:

  • elettroforesi dell’emoglobina (per la microcitemia);
  • glucoso-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD) per il favismo;
  • i fattori della coagulazione (prevenzione rischio trombogeno in gravidanza).

A8. Esami cito-morfologici
Il PAP test (con le sue varianti) è indicato per escludere rischi neoplastici a carico del collo dell’utero (cervice uterina) e per evidenziare eventuali condizioni pre-cancerose rappresentate da:

  • cellule squamose atipiche (ASC);
  • cellule squamose atipiche di significato indeterminato (ASC-US);
  • cellule squamose atipiche che non possono escludere HSIL (ASC-H);
  • lesione intra-epiteliale di basso grado (LSIL) comprendente HPV/displasia lieve, CIN1;
  • lesione intra-epiteliale di alto grado (HSIL), comprendente displasia moderata e grave, carcinoma in situ, CIS, CIN2, CIN3.

Lo striscio citologico/ormonale sequenziale, invece, con l’indice eosinofilo (IE) (70-90% nel picco estrogenico) e lo striscio cariopicnotico (IK) (10-30% in fase luteinica) è stato quasi del tutto sostituito da indagini ormonali ed ecografiche.

A9. Studio del muco cervicale (vedi infertilità di coppia).

 

INDAGINI STRUMENTALI
B1. Rilievo della temperatura basale
L’incremento post-ovulatorio della temperatura corporea (di circa 0.5°C) è dovuto all’azione della norepinefrina sui centri termoregolatori ipotalamici, il cui metabolismo è modificato dall’azione del progesterone luteale. La temperatura andrebbe rilevata la mattina al risveglio e sempre nella stessa sede corporea. Questa indagine non può essere considerata altamente indicativa di avvenuta ovulazione.

B2. Esami ultrasonografici (19-21)
Ecografia pelvica trans-vaginale basale. L’ecografia pelvica è l’esame diagnostico di 1° livello; si esegue mediante sonde trans-vaginali da 7.5 MHz e permette di visualizzare la sede, le dimensioni e l’ecostruttura delle ovaie; l’aspetto e il volume possono variare molto a seconda dell’età e della fase del ciclo mestruale (volume ovarico massimo in età fertile: 20 mL). Tra le patologie evidenziabili a carico delle ovaie vi sono le cisti, le neoplasie ovariche e le lesioni endometriosiche. L’ecografia pelvica permette inoltre di valutare la morfologia uterina, e quindi l’eventuale presenza di anomalie congenite o di lesioni, come fibromi, miomi o neoplasie. Le tube devono essere studiate con altri esami specifici, ma l’esame ecografico può evidenziare un quadro di idrosalpinge o idrosalpingite.

Monitoraggio ecografico dell’ovulazione. Si tratta di una sequenza di esami ecografici (generalmente dall’8-9° giorno del ciclo fino alla deiscenza follicolare), che permette di valutare:

  • l’ecogenicità e l’evoluzione del follicolo dominante ovulatorio, il cui diametro ottimale di sviluppo è compreso tra 18 e 25 mm;
  • l’evoluzione dell’endometrio da proliferativo a secretivo;
  • la deiscenza follicolare, generalmente compresa tra l’11° e il 16° giorno del ciclo;
  • la visualizzazione di una falda liquida (fluido follicolare) che si raccoglie per gravità nello sfondato del Douglas.

Riserva ovarica. La riserva ovarica può essere valutata, ecograficamente, mediante la conta dei follicoli antrali (diametro circa 2-6 mm) e il calcolo del volume delle ovaie. L’indagine deve essere eseguita nei primi giorni del ciclo mestruale (dal 3° al 5° giorno). In condizioni di buona riserva si osservano, in genere, almeno 5 follicoli antrali in ogni ovaio; la presenza di un numero di follicoli < 5 può far sospettare una riduzione della riserva ovarica.

Flussimetria uterina. Si tratta di una tecnica ecografica Color Doppler, che valuta la circolazione e la vascolarizzazione dell’endometrio da parte dei vasi uterini. L’aumento della resistenza delle arterie uterine, valutata mediante il Pulsatility Index (PI) e il Resistance Index (RI) nel periodo post-ovulatorio, con conseguente diminuita irrorazione ematica dell’endometrio, sembrerebbe influenzare negativamente l’impianto dell’embrione.

B3. Isteroscopia
È una tecnica che, previa distensione della cavità uterina mediante introduzione di anidride carbonica o soluzione fisiologica, permette di visualizzare la cavità uterina mediante l’isteroscopio, strumento formato da una sonda rigida sottile munita di lenti e collegata con una telecamera ad un monitor. È indicata nei casi in cui si sospetta una malformazione uterina (utero setto, utero arcuato, ecc), la presenza di polipi, o un ispessimento dell’endometrio.

B4. Colposcopia
Si tratta di un esame che permette la visione ingrandita (da 2 a 60 volte) della cervice uterina, consentendo di rilevare anomalie o eventuali lesioni, non agevolmente evidenziabili all’esame obiettivo. Nelle zone sospette può essere effettuata una biopsia, previa detersione con acido acetico e soluzione di Lugol.

B5. Isterosalpingografia (ISG) (22-23)
È un esame radiologico che si avvale dell’introduzione di un mezzo di contrasto all’interno della cavità uterina, che normalmente viene drenato nella cavità peritoneale. L’esame consente quindi, mediante immagini radiologiche seriate, di evidenziare eventuali malformazioni e/o malposizioni uterine e, soprattutto, impervietà tubarica monolaterale o bilaterale. Deve essere eseguita nella fase proliferativa avanzata del ciclo mestruale.

B6. Sono-isterosalpingografia (S-ISG) (24)
Di più recente sviluppo, in alternativa alla ISG, la Sono-ISG permette una valutazione ecografica della morfologia della cavità uterina e delle tube mediante introduzione di una soluzione fisiologica mista ad aria.  Anche la S-ISG deve essere eseguita nella fase proliferativa avanzata del ciclo mestruale.

B7. Laparoscopia (25)
Si tratta di una metodica chirurgico-diagnostica, che consente la visualizzazione diretta della cavità addominale e fornisce indicazioni di estrema importanza sullo status degli organi pelvici (PID, endometriosi) e sulla pervietà tubarica. Per la valutazione di quest’ultima si osserva il passaggio, attraverso le tube, di un colorante (blu di metilene), instillato nell’utero per via vaginale. La laparoscopia operativa viene utilizzata frequentemente per il trattamento delle cisti ovariche, delle lesioni endometriosiche e delle gravidanze extra-uterine.

B8. Fertiloscopia (26)
È una tecnica messa a punto nel 1997, che consente un’esplorazione mini-invasiva della pelvi combinando più procedure in sequenza:

  1. isteroscopia (vedi sopra);
  2. idrolaparoscopia trans-vaginale (introduzione di un trocar ottico nella pelvi attraverso il fornice posteriore della vagina, dopo infusione di 200-250 cc di soluzione fisiologica) per la visualizzazione della parte distale delle tube;
  3. cromosalpingoscopia mediante soluzione di blu di metilene;
  4. salpingoscopia e microsalpingoscopia, ossia ispezione ottica della parte ampollare delle tube.

 

BIBLIOGRAFIA

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